Il nostro essere al mondo è significato dai nostri corpi e su di essi si realizza l’incessante codifica simbolica delle relazioni umane.
E’ stato Michel Foucault a mostrare come il discorso principale dell’epoca moderna trovi il suo terreno più fecondo negli ambiti esplicitamente corporei dell’anatomia e della medicina, e si connetta con una costante “assoggettazione” dei corpi grazie ad una continua produzione di norme e di prescrizioni.
Nella modernità i discorsi scientifici sul corpo si moltiplicano e il corpo diviene uno spazio di significazione simbolica politicamente rilevante.
Su di esso, afferma Foucault, il potere inscrive le sue prescrizioni, le quali, tuttavia, non si limitano a reprimere e a circoscrivere entro regole rigide il corpo nella sua spontaneità.
Attraverso il discorso scientifico, sfera di produzione del sapere che è immediatamente anche ambito di operatività del potere, la superficie corporea viene infatti descritta, sezionata, penetrata, attraversata, fino negli aspetti più dettagliati.
Il sapere scientifico mira infatti a produrre un’assoggettazione del corpo che può avvenire solo attraverso una “costruzione” dello stesso.
La proliferazione discorsiva dei saperi si spiega in questo contesto “costruttivo”: solo un corpo minuziosamente attraversato da discorsi scientifici (medici, anatomici, psicanalitici) può essere un corpo docile e assoggettato.
Foucault individua nei meccanismi di “produttività” normativa – ossia nella produzione intellettuale di sapere scientifico e filosofico – il modo in cui il potere costruisce il Soggetto che desidera, facendolo dipendere in tutto e per tutto dalla propria funzione ordinante e normale.
Il risultato della costruzione consiste in corpi già da subito sottomessi alla scienza medica, pulsioni e desideri già “raccontati” dalla psicanalisi, identità sessuali definite e finalizzate alla stabilità familiare e all’economia riproduttiva.
Il potere, in ultima analisi, non è altro che una grande rete di sapere, che costantemente si rinnova producendo norme. Esse funzionano proprio come un meccanismo di normalizzazione: stabilendo cosa è “normale”, la produzione scientifica “normativa” stabilisce anche cosa normale non è.
Il dibattito su questi temi consente di criticare questi ed altri dispositivi di potere, decostruendoli.
Foucault sottolinea con particolare forza la valenza etica della critica quale strumento di denuncia e dunque di resistenza al gioco che lega potere e verità.
La critica come “arte di non essere eccessivamente governati”, come scelta di coraggio, si delinea come un vero e proprio stile di vita che segna “l’autonomia etica di ogni individuo”, attraverso un lavoro di costruzione, di progettazione della propria esistenza.
Tale esperienza pratica si esprime come esercizio di una libertà che va ricercata ed agita nella concretezza storica di un presente che è essenzialmente portatore del nuovo.
L’autonomia etica di ogni individuo, d’altra parte, di cui la libertà si sostanzia, consiste nella possibilità di vivere laicamente lo spazio delle relazioni sociali e politiche.